Oggi vorrei raccontare del percorso nascita che è possibile seguire in Trentino. Un piccolo disclaimer iniziale: è un racconto personale, mai un giudizio di intere categorie, reparti ed ospedali. Vorrei fosse una storia piena di positività (giuro, non è una battuta) per le donne che hanno partorito o partoriranno all’ospedale santa Chiara di Trento, in un momento tanto particolare e difficile per tutti, in particolare per le strutture sanitarie principali della Regione.
Il 22 gennaio, per la seconda volta, sono rinata madre nel momento in cui ho visto il frutto di una notte di travaglio.
In quel preciso istante si è chiuso un cerchio, per diversi aspetti anche doloroso, che si era aperto col primo “parto”. Uso volutamente le virgolette perchè non l’ho mai vissuto come tale. Sapevo infatti ben prima del parto che sarebbe probabilmente stato un cesareo, quello che non sapevo è che sarebbe successo prima del previsto. L’ho vissuta come un’operazione chirurgica, strettamente necessaria a portare tra le mie braccia quella bambina, per la quale forse non mi sentivo realmente pronta. In più durante il cesareo sono stata sedata ulteriormente fino ad addormentarmi, poichè sentivo molto dolore nonostante l’anestesia. Questo ha reso a tutti gli effetti fisicamente impossibile per me rielaborare quei momenti. Il personale, per quanto competente, non ha mostrato molta empatia in quei giorni, spesso ho avuto l’impressione di parlare con un muro, quando cercavo di capire cosa stesse succedendo da quando sono stata ricoverata in poi.
Ma arriviamo all’anno scorso. A maggio 2020 scopro di crescere in me una nuova vita.
Proprio in quel momento in cui in tutto il Paese e nel mondo regnava la paura per il Coronavirus e la stanchezza di un lungo lockdown.
Il “mio” percorso nascita
Dopo qualche giorno inizio ad informarmi su chi contattare, dove farmi seguire eccetera. Da pochi mesi infatti ci eravamo trasferiti e non avevo un’idea precisa sull’iter da seguire in Valsugana, dove abito (la prima gravidanza e relativo parto sono infatti stati seguiti a Bolzano).
Così, è iniziato il percorso nascita al consultorio trentino di Pergine. Dopo un primo colloquio vengo affidata ad una ostetrica, verso la quale sento da subito il feeling giusto. Oltre alle visite con lei, mi vengono prescritte delle ecografie di controllo a Trento, visto il rischio di complicanze alla nascita formalmente assegnatomi (per il precedente cesareo e bambina nata a termine ma con peso inferiore ai 2,5 kg). Purtroppo durante i mesi di attesa, non è mai stato possibile per mio marito entrare insieme a me durante le ecografie, nè in consultorio, nè in ambulatorio a Trento. Può pesare, ma non troppo. Il giorno in cui durante un’ecografia mi hanno dichiarato il sesso del nascituro, mio marito mi aspettava fuori dal cancello (mi sembrava di essere tornata ragazzina, quando il moroso aspettava al cancello fuori da scuola ;P ) ed è stato quasi più emozionante così. Tuffarmi nell’incavo del suo collo e sussurarlo nell’orecchio per poi farmi offrire la merenda in un negozio per celiaci lì vicino.
Ho apprezzato che, non so se per compensare il fatto che nelle strutture non potessimo essere accompagnate o se sia sempre così, in generale l’atteggiamento di quasi tutti gli specialisti e il personale incontrato, salvo due eccezioni molto circoscritte, sia stato estremamente empatico ed incoraggiante. Un vero sostegno, anche senza il contatto, penso ad esempio agli incontri zoom organizzati dal reparto dell’ospedale.
C’è stato un momento nel quale ho ponderato e cullato l’idea del parto in casa, ma per diversi motivi questa volta abbiamo preferito appoggiarci all’ospedale, per il futuro però…chi lo sa 🙂 In provincia di Trento personalmente avevo valutato due esperienze che vorrei condividere: l’acqua che balla e la Via di Casa una casa di maternità a Civezzano.
La settimana del parto
Ma torniamo al racconto. Arriva intanto il termine, fissato per il 16 gennaio. Tutto tace, passa un’altra settimana e mi avvio a concludere la 41a settimana. Oltre ad un parto naturale, per il quale mi sono preparata e che desidero fortemente, vorrei tanto evitare l’induzione, che ormai sta per giungere. Sfodero tutte le armi a mia disposizione: yoga, passeggiate, olii essenziali e digitopressione. Non so se sia questo, o se effettivamente sia arrivato il momento, fatto sta che nelle ore tra il 21 ed il 22 partono le contrazioni, quelle GIUSTE, come le chiamano 😉
Come mi sdraio per dormire, quelle galoppano ad ondate. Alzandomi e camminando si allentano. Riprovo a coricarmi, di nuovo riprendono dolorose le contrazioni. Provo con l’ultima spiaggia: mi metto ammollo in vasca con l’acqua calda. Il Paradiso. Penso un attimo al fatto che sia un peccato non poter partorire in acqua per i protocolli anti-covid. Non ho quasi il tempo di formulare bene il pensiero, perchè ormai è evidente che è decisamente ora di andare all’ospedale. Sveglio la primogenita e il marito e via si va nel cuore della notte. Figlia lasciata praticamente in corsa ai nonni e marito che sfreccia verso l’ospedale, dove l’infermiera, preoccupata che possa partorire da un momento all’altro visto il susseguirsi veloce delle contrazioni, fa comparire una sedia a rotelle con la quale mi accompagna in fretta in reparto.
Veloce visita solo per venire a sapere che sì, sono già parecchio dilatata. Quindi non faccio in tempo ad entrare in sala parto che già è il momento di assecondare le spinte di quella creatur(in)a che qualche ora dopo lo porteranno tra le mie braccia.
Ed è così che sono rinata madre la seconda volta, anzi sono anche rinata fotografa poco dopo…
…ma questa è un’altra storia